Nadia Pagliuca - Psicologo

ACCEPTANCE AND COMMITMENT THERAPY (ACT)

L’Acceptance and Commitment Therapy, conosciuto anche con l’acronimo ACT, è un intervento psicologico il quale si avvale dell’integrazione di strategie di accettazione, di mindfulness e di impegno nell’azione. Esso si basa su evidenze scientifiche, ed uno dei suoi processi fondamentali è la defusione, ovvero una procedura che consente di prendere le distanze dalle esperienze negative, come pensieri e immagini mentali. Il suo obiettivo è quello di modificare la relazione che la persona ha con i propri pensieri negativi, promuovendo la flessibilità psicologica ed allargare il repertorio delle modalità comportamentali ed emotive. L’ACT, come diversi studi hanno dimostrato, risulta efficace su una vasta gamma di condizioni cliniche, tra cui: dolore cronico, ansia, depressione, stress lavorativo, gestione del diabete, disturbo ossessivo – compulsivo, ecc. Tale approccio mira al cambiamento delle abitudini di vita disfunzionale, incentiva la persona ad azioni concrete e misurabili, oltre a promuovere il grado di motivazione facendo luce su quelli che sono i propri valori. Il protocollo ACT richiede l’utilizzo di diverse metafore, le quali hanno la funzione di facilitare il processo di “cambiamento delle funzioni stimolo”. A proposito di metafore, in conclusione ne riporto una qui di seguito e che ritengo renda l’idea di come mi piacerebbe che venisse considerato il percorso psicologico. Si tratta della metafora delle due montagne proposta da Russ Harris, uno dei principali esponenti dell’ACT, per comprendere al meglio gli aspetti della relazione tra il professionista e il paziente: “Sai che molte persone arrivano in terapia credendo che il terapeuta sia una sorta di essere illuminato, che ha risolto tutti i suoi problemi, e ha messo tutto a posto, ma in realtà non è così. È più come se tu stessi scalando la tua montagna là in fondo e io stessi scalando la mia montagna quaggiù. E da dove sono io, sulla mia montagna, posso vedere cose sulla tua montagna che tu non puoi vedere, come una valanga che sta per cadere, o un sentiero alternativo che puoi imboccare o che non stai utilizzando la tua picozza in modo efficace. Ma ti prego di non credere che io abbia raggiunto la cima della mia montagna e mi sia seduto e rilassato, a prendermela con calma. Il fatto è che io sto ancora scalando, sto ancora facendo errori e sto ancora imparando da questi. E alla fine, siamo tutti uguali. Stiamo tutti scalando la nostra montagna fino al giorno in cui moriremo. Ma il bello è che tu puoi migliorare sempre più nello scalare e imparare sempre più ad apprezzare il viaggio. E questo è il lavoro che faremo qui, si lavora insieme siamo una squadra!”