Psicologia e dolore cronico

Molto spesso ci capita di pensare che una forte emicrania, un sistema immunitario debole, dolori addominali, tachicardia, psoriasi, ecc.. dipendano da singoli fattori. È importante invece, iniziare a comprendere che tutto ciò è dato da un insieme di fattori interconnessi e protratti per un lungo periodo. Ad esempio, è noto come stress, ansia eccessiva, stati depressivi possono compromettere il buon funzionamento del sistema immunitario, facendo talvolta insorgere patologie. A tal proposito: Vi siete mai chiesti che ruolo ricopre il dolore? Bene, esso ricopre una funzione biologica importantissima, in quanto ci segnala una disfunzione o un danno al nostro corpo. Ma nei casi in cui diventa cronico, il dolore perde le sue funzioni adattive. Per dolore cronico si fa riferimento ad un’esperienza sensoriale ed emozionale spiacevole, associata o meno ad un danno tessutale, che perdura per più di 3 mesi dall’evento scatenante. Tale esperienza si ripercuote con importanti conseguenze sulla qualità di vita della persona: ad esempio con riduzione della propria autonomia, alterazioni delle abitudini sociali e lavorative, insonnia, tendenza all’isolamento, oltre a comorbilità con sintomi ansioso – depressivi. Il dolore cronico risulta fortemente correlato ad aspetti di natura emotiva e cognitiva, infatti è stato ampiamente dimostrato che lo stato emozionale influenza le caratteristiche e l’intensità del dolore percepito. Un recente studio ha evidenziato come i fattori psicologici possano causare una iper-reattività muscolare in risposta ad uno stress psicologico che contribuisce allo spasmo muscolare e dunque, all’esacerbazione del dolore, il quale potrebbe a sua volta agire come un ulteriore fattore stressante portando ad un aumento della tensione muscolare, provocando la formazione di punti scatenanti, ovvero dei trigger point, e contribuendo al rafforzamento del ciclo tensione – dolore. Il dolore accusato dalla persona viene considerato la percezione finale da parte del sistema nervoso centrale, esso può essere associato a rabbia, paura, aggressività, eccessiva preoccupazione e umore depresso. Per comprendere quali modalità di intervento psicologico mettere in atto, è importante individuare in quali modi il dolore può influenzare il funzionamento psicologico. Il dolore cronico favorisce lo sviluppo di pensieri disfunzionali e di comportamenti controproducenti, i quali non fanno poi che peggiorare il funzionamento quotidiano e a loro volta prolungare l’esperienza del dolore. Ad esempio, la catastrofizzazione del dolore, è uno schema mentale di tipo cognitivo ed affettivo negativo il quale viene rinforzato dalla ruminazione del dolore e da sentimenti di impotenza nell’affrontarlo. Chi ha la tendenza a catastrofizzare il dolore ha una minore percezione del suo controllo, un funzionamento sociale ed emotivo non armonico, e una peggiore risposta ai trattamenti medici. In alcuni soggetti, vi è la presenza della paura al dolore, associata ad una maggiore intensità dello stesso il quale porta ad una disabilità, favorendo comportamenti passivi o di evitamento. Ma vediamo un esempio di malattia cronica abbastanza diffusa: La fibromialgia. Essa è una malattia cronica complessa, in particolare è una patologia reumatica caratterizzata da dolore muscolare cronico diffuso. Le persone che vivono con questa patologia presentano una rigidità muscolare e altri disturbi come: disturbi dell’umore, astenia, stanchezza, disturbi neurocognitivi, disturbi del sonno. Essendo dunque una patologia complessa, rende assolutamente necessaria una presa in carico interdisciplinare, da parte di èquipe composte da figure professionali differenti che collaborino fra di loro in modo da poter far fronte a tutti gli aspetti legati alla patologia. Rispetto al trattamento psicologico, la ricerca ha evidenziato l’efficacia della Terapia Cognitivo Comportamentale nel miglioramento di molti aspetti legati a questa patologia, come ad esempio, il dolore cronico. Acquisendo nuove modalità cognitive il paziente impara a gestire meglio il suo dolore e a modulare emozioni, convinzioni e giudizi negativi legati ad esso. La terapia cognitivo – comportamentale per il dolore cronico ha come obiettivo quello di sviluppare abilità di fronteggiamento utili per la gestione del dolore e a migliorare il funzionamento psicologico, attraverso un training di rilassamento strutturato, programmi di attivazione comportamentale e programmazione di attività piacevoli, training sulla comunicazione efficace per favorire l’aspetto sociale, una parte del lavoro viene dedicata agli aspetti cognitivi, e in particolare a quei pensieri che generano avversione nei confronti del dolore, orientando l’individuo ad un comportamento più adattivo. Tale approccio, risulta essere dunque, fondamentale nel trattamento dei disturbi dell’umore spesso presenti nei pazienti fibromialgici. Ansia e depressione sono risposte del tutto naturali di fronte ad una diagnosi di questo genere, quindi fornire al paziente uno spazio di espressione e contenimento dei vissuti depressivi e dell’ansia è essenziale per evitare il rischio che si cronicizzi anche l’emozione (negativa) ad essa correlata. Nel trattamento della fibromialgia è importante che non vengano trascurati gli aspetti psichici dell’esperienza di tale patologia, con l’obiettivo di migliorare la qualità di vita del paziente.

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